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venerdì 23 novembre 2012

Quando gli scienziati atomici previdero la fine del mondo

 

Alla fine degli anni Quaranta, quando il mondo apprese che l’Unione sovietica, con largo anticipo sui tempi previsti, aveva sperimentato con successo la prima bomba atomica, negli Stati Uniti d’America un fisico nucleare, ironicamente di origini russe, Gregory Breit, si sedette a un tavolo e cominciò a fare dei calcoli. A Los Alamos, dove erano nate le bombe che avevano distrutto Hiroshima e Nagaski, si progettava a ritmo serrato la nuova super-arma che avrebbe riconsegnato agli USA la supremazia nucleare: la bomba H, o bomba all’idrogeno, enormemente più potente della "normale" bomba atomica. Alcuni fisici erano però spaventati: e se la bomba H, si chiedevano, esplodendo avesse incendiato l’atmosfera? Cosa sarebbe successo? Così, al professore Breit fu assegnato il terribile compito di calcolare se l’esplosione di una bomba H potesse distruggere il mondo.

                                BOMBA H



L’ordigno "fine del mondo"
Gregory Breit, il fisico atomico che calcolò la possibilità della bomba H di innescare l'apocalisse.




Breit dovette portare avanti quel compito nella segretezza più assoluta, senza confrontarsi con nessun altro collega, basandosi solo sulle sue pur notevoli capacità nel settore della fisica nucleare. Sulle sue spalle gravava un peso enorme: e se si fosse sbagliato, dando il via libera alla bomba? Sarebbe stato il responsabile della fine del mondo? E se invece avesse decretato che la bomba proprio non si poteva usare, e invece i sovietici fossero riusciti a dimostrare che poteva essere utilizzata? Avrebbe condannato gli USA e il mondo a cadere sotto il giogo della dittatura comunista, come all’epoca ragionavano gli americani. Dopo alcune settimane, Breit decise che no, la reazione termonucleare non poteva propagarsi agli elementi leggeri dell’atmosfera, perché quel fenomeno contraddiceva le leggi della natura. Aveva visto giusto, ma questo permise agli scienziati atomici di procedere alla costruzione della super-bomba, familiarmente chiamata "Super".    
Anche se molti di loro avevano lavorato con convinzione al progetto Manhattan, perché più di tutto temevano una bomba atomica nelle mani di Hitler, e anche se altri di loro avrebbero lavorato con uguale convinzione al progetto "Super", perché convinti del pericolo rosso, la comunità degli scienziati nucleari americani iniziò ben presto a seguire le orme di Breit, condividendo le preoccupazioni sulla responsabilità che si stavano assumendo nel portare il mondo sull’orlo dell’autodistruzione. Al termine di una riunione decisiva sul progetto Super, Isidor Rabi ed Enrico Fermi dichiararono: "Il fatto che la potenza di distruzione di quest’arma sia senza limiti, fa sì che la semplice esistenza e il saperla costruire rappresenti già un pericolo per tutta l’umanità". E conclusero: "Per questa ragione noi riteniamo importante dire al Presidente degli Stati Uniti, all’opinione pubblica americana e al mondo, che per principi etici fondamentali consideriamo un errore dare noi il via alla costruzione di una tale arma".

"I vivi invidieranno i morti"
Ma i politici e i generali non ne vollero sapere
. D’accordo, si dissero, gli scienziati non vogliono prendersi la responsabilità di dare il via libera alla bomba. Poco male: ci avrebbero pensato loro. Fu anzi il presidente Truman in persona a farlo. Nel pomeriggio del 31 gennaio 1950 dichiarò: "Ho dato istruzioni alla Commissione per l’Energia Atomica di continuare il suo lavoro attorno a tutti i tipi di armi atomiche, compresa la cosiddetta bomba all’idrogeno o superbomba". Il presidente aveva dato un ordine, e chi lo avesse disatteso sarebbe stato passibile di accusa di alto tradimento. Il Sito B di Los Alamos era l'area dei laboratori utilizzata durante il progetto Manhattan. Recentemente l'intera zona è stata decontaminata.




Negli anni successivi, quando anche l’URSS riuscì a dotarsi della superbomba e l’idea di una Terza guerra mondiale combattuta a suo di armi nucleari iniziò a sembrare inevitabile, gli scienziati atomici non si persero d’animo. Continuarono a tentare di influenzare i politici per fermare quella spirale distruttiva. Gli scenari presentati facevano presagire null’altro che l’apocalisse. Una guerra termonucleare, sostenevano, avrebbe portato alla rapida scomparsa dello strato di ozono, rendendo la superficie terrestre vulnerabile ai raggi UV. Numerose specie vegetali sarebbero state spazzate via, tra cui molte da cui dipendeva il sostentamento alimentare della civiltà umana. Gli stessi esseri umani, sottoposti all’inondazione delle radiazioni, sarebbero morti a centinaia di milioni, e i sopravvissuti – scriveva tragicamente Hermann Kahn nel 1959 – avrebbero invidiato i morti.

 


L'orologio dell'apocalisse è a cinque minuti dalla mezzanotte L'Associazione degli scienziati atomici americani fa avanzare "l'orologio dell'apocalisse" di un minuto verso la mezzanotte: la sfida nucleare dell'Iran, i lenti progressi del disarmo, la minaccia non più differibile del cambiamento climatico spingono il mondo verso un punto di non ritorno.

"It’s five minutes to midnight", assicurano gli esperti americani di politica nucleare. Cinque minuti alla mezzanotte, alla fine del mondo. No, gli "Atomic Scientists" non si sono improvvisamente convertiti alla profezia Maya sul 2012
, ma hanno voluto dare un segnale forte alla comunità internazionale come solo loro lo sanno dare, da decenni, attraverso quell’inquietante simbolo dell’immaginario contemporaneo che è "l’orologio dell’apocalisse", il doomsday clock. Siamo un minuto più vicini alla mezzanotte, insomma, da quando qualche giorno fa l’orologio dell’apocalisse è stato portato a mezzanotte meno cinque. Perché?

Disarmo nucleare troppo lento
Nel 2010 gli esperti del Bulletin of Atomic Scientists
,l’organizzazione nata alla fine degli anni ’40 per sostenere l’uso pacifico del nucleare e ammonire l’umanità riguardo gli effetti di una guerra atomica che all’epoca sembrava inevitabile, avevano spostato le lancette dell’orologio a sei minuti alla mezzanotte, un minuto indietro. Un gesto positivo che esprimeva la soddisfazione nei riguardi di importanti gesti di distensione internazionale, tra cui il nuovo accordo per la riduzione degli armamenti tra USA e Russia e una più decisa collaborazione dell’Iran nei confronti dei suoi programmi nucleari. "Il mondo possiede ancora approssimativamente 19.500 testate nucleari, abbastanza potenti da uccidere gli abitanti della Terra diverse volte", ricordano oggi gli scienziati atomici. I lenti progressi dell’accordo NewSTART siglato da Obama e Medvedev nel dicembre 2010 non infondono grande fiducia sul fatto che questo impressionante arsenale possa significativamente ridursi nel giro di pochi anni. A ottobre, gli Stati Uniti avevano smantellato l’ultima grande bomba nucleare , l’ultima cioè con una potenza superiore al megatone (equivalenti a un milione di tonnellate di dinamite o a cento volte la potenza della bomba di Hiroshima). Permane ancora molto disaccordo tra le due ex superpotenze, USA e Russia, riguardo questioni di interesse strategico come il problema della difesa missilistica. Il proposito di George W. Bush di costruire uno scudo anti-missile in Europa per difendere l’Occidente da eventuali aggressioni con testate nucleari aveva provocato un violento braccio di ferro con la Russia di Putin, alcuni anni fa. Anche se Obama ha congelato il programma, l’ipotesi resta sempre sul tappeto e continua a non piacere ai russi. Non solo. Le altre potenze atomiche del mondo non hanno firmato nessun accordo per un’analoga riduzione delle testate in loro possesso, e anzi alcune di esse hanno iniziato a lavorare per rimpiazzare le vecchie testate nucleari con nuovi ordigni. Giustificando questa pretesa con ragioni di sicurezza (le testate nucleari, deteriorandosi, potrebbero diventare pericolose), in realtà tali paesi fanno progredire le tecnologie nucleari nel settore militare, aprendo nuove prospettive per la realizzazione di ordigni nuovi e più raffinati.



Le proposte degli scienziati atomici
Per questo, l’Assocciazione degli scienziati atomici, dopo aver espresso le sue preoccupazioni, presenta alla comunità politica internazionale una serie di misure da intraprendere per far sì che la lancetta dell’orologio torni di nuovo indietro, allontanandosi dalla mezzanotte. Tra la richieste, la ratifica da parte di Stati Uniti e Cina del trattato che mette al bando tutti i test nucleari – al momento l’America, non firmataria, attua una moratoria, ma potrebbe in qualsiasi momento riprendere i test se lo volesse; l’introduzione di misure più stringenti riguardo la non-proliferazione delle armi nucleari, che impedisca che usi civili dell’energia atomica possano nascondere obiettivi di tipo militare: tra queste misure, il divieto di riprocessamento del plutonio, una tecnica tramite il quale si possono fabbricare armi nucleari; il controllo degli arsenali e dei materiali sensibili dell’ex URSS e di quegli altri paesi (come il Sudafrica) che hanno smantellato testate atomiche ma continuano a conservare uranio arricchito e altre tecnologie che potrebbero essere trafugate; la rapida adozione di un nuovo accordo internazionale sul cambiamento climatico
che riduca sensibilmente le emissioni di gas serra; una più veloce sostituzione delle centrali a carbone con energia rinnovabile. L’orologio dell’apocalisse è stato, in alcuni anni, anche più vicino alla mezzanotte rispetto a oggi
. Nel 1949, il primo test atomico dell’URSS dimostrò che, in largo anticipo sui tempi previsti, anche Mosca possedeva l’arma nucleare: mancavano tre minuti alla mezzanotte. E nel 1953, quando l’URSS testò la prima bomba all’idrogeno, il mondo fu a soli due minuti dall’apocalisse. Dopo una lunga, parziale distensione, l’orologio tornò ad avvicinarsi alla mezzanotte nel 1981, quando l’URSS invase l’Afghanistan e il nuovo presidente Reagan rilasciò pesanti dichiarazioni riguardo la possibilità, per gli USA, di vincere una guerra termonucleare: quattro minuti alla mezzanotte. E poi ancora peggio nel 1984, quando le prime ipotesi di uno scudo spaziale contro l’URSS e i toni guerrafondai di Reagan interruppero tutte le relazioni tra le due superpotenze, gettando il mondo nell’angoscia: tre minuti alla mezzanotte. Nel 1991 la fine della Guerra fredda e l’inizio di un’epoca di felice distensione ha allontanato l’ombra della guerra atomica, portando l’orologio molto indietro, a 17 minuti dalla mezzanotte. Ma, a partire dall’inizio del nuovo secolo, le nuove gravi tensioni internazionali hanno fatto di nuovo correre le lancette. Oggi siamo a cinque minuti dalla mezzanotte e, come ci ricordano gli scienziati, the Clock is ticking, il tempo stringe.                                                               
                                                      
DOOMSDAY CLOCK, l'orologio dell'apocalisse


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